Cuntastorie e Cantastorie

                                                                                                               di Angelo Clemente



 

     SOMMARIO PAGINA E INDICE
        

            

         
                
         
                       

 

Introduzione

Tradizionale figura di intrattenitore ambulante, che si sposta di città in città e di piazza in piazza raccontando una favola, una storia, un fatto, con l’aiuto del canto e spesso di un cartellone in cui sono raffigurate le scene salienti del racconto; i cantastorie in questo loro peregrinare vivevano delle offerte degli spettatori e talvolta dai proventi della vendita di foglietti recanti la storia raccontata. Si posizionavano nelle piazze dei paesi o nelle stalle umide e cantavano o raccontavano le loro storie, antiche o attuali, vere o immaginarie, trovate in giro nei loro viaggi o composte per l’occorrenza.

Spesso i cantastorie adattavano le loro versioni ad alcuni racconti antichi, o li rinnovavano a seconda del particolare avvenimento; sovente una scelta veniva imposta per il dialetto da utilizzare in base al luogo della narrazione e a causa del diffuso analfabetismo. 

Incursioni di pirati, miracoli di santi e vite esemplari di devoti, eventi catastrofici, clamorose impiccagioni, leggende sacre e racconti profani. meravigliose vittorie e lacrimevole sconfitte personaggi e momenti epici (Garibaldi ed il Risorgimento sono stati oggetto di interesse di tanti cantastorie e poeti popolari); ogni occasione era buona per i cantastorie per comporre, adattare vecchi canti o tradurre vecchie storie. una delle più conosciute è quella della Barunissa di Carini, si pensa ci siano più di 500 versioni.

I cantastorie rappresentarono l’unico tramite culturale tra il popolo analfabeta e il mondo epico e poetico in cui rivivevano le spagnolesche gesta, le bravate dei paladini del repertorio cavalleresco di Francia e le generose, anche se cruenti imprese dei vari briganti, così cari alla fantasia popolare

Nell XVII secolo i cantastorie riuscirono ad vere un pubblico vastissimo e avidissimo; erano infatti numerosi, i sentimenti che muovevano gli spettatori ad assistere per ore ed ore alle recite. 

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La Poesia e la Letteratura Orale

Questo  tipo  di  comunicazione  affonda  le  proprie radici nella  più  lontana  tradizione Europea di letteratura orale, e costituì per secoli il  maggiore veicolo di diffusione della letteratura dotta tramite la poesia.

L'origine della Poesia è alquanto antica. Essa nasce con lo scopo di ricordare alle genti: fatti, vicende, avvenimenti importanti, la storia di un popolo, etc., dal punto di vista dei valori, riportando il tutto a memoria visto che in quel periodo non esisteva la scrittura, cosa che avvenne più tardi.

Si pensa risalga ai popoli che abitavano il baltico e precisamente la Finlandia, (XVIII secolo a.C.) prima che questi si spostassero e si trasferissero nel mediterraneo, in Grecia, dando origine alla civiltà Egea.

Essi portarono con se miti, canzoni e racconti epici, che narravano di onore, gloria, amore, rispetto per i morti, rispetto per il padre e la madre, etc., alternando mito e leggenda; questi erano, gli Aedi o Cantori.

L'antenato più illustre fu certamente Omero  [Questione Omerica]  che viene descritto come il cantore cieco che si accompagnava con la lyra per raccontare le sue storie, ed Esiodo, anche se sarebbe del tutto improprio definirli dei cantori per come li intendiamo noi, ma furono coloro che iniziarono questo tipo di trattazione orale prima dell'avvento della scrittura.

Dopo che la trattazione orale venne trasformata in scritti, con l'avvento della stampa, i primi a portare in giro queste narrazioni furono i Rapsodi e i Rapsodisti recitatori di rapsodie omeriche nonché cantori popolari ispirati dai grandi fatti della storia, una sorta di cristallizzatori, cioè, coloro che imparavano a memoria questi scritti e li riportavano alla lettera, senza intaccarli.

Poi fu la volta dei Menestrelli dei Giullari e dei Trovatori  e infine dei Cuntastorie e dei Cantastorie, che spaziarono e a volte trasformarono le storie e gli scritti, dando vita a ballate, canzoni e racconti epici.

Dopo che la stampa ebbe il sopravvento i Cantastorie abbandonarono questo tipo di repertorio lasciandolo  in eredità ai Cuntastorie ed all’Opera dei Pupi, per acquisire sempre più un ruolo che si avvicina a suo modo, al mondo giornalistico, diffondendo fatti e notizie, e stampando su  Foglietti Volanti le storie che rappresentavano che, come sopra citato, vendevano al pubblico che li ascoltava.

Uno dei cantastorie più autorevoli nella storia della letteratura italiana fu Giulio Cesare Croce, autore della versione italiana delle storie di “Bertoldo e Bertoldino”.

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Giullari, Menestrelli e Trovatori

Ai cantastorie nel loro millenario cammino, dal medioevo ad oggi si sono avvicendate diverse figure di cantori, Giullari e Menestrelli, che giravano che giravano di villaggio in villaggio, di castello in castello, narrando gesta ed accadimenti,
i
Trovatori e Trovieri
dal francese - trouvere -  rimatori e poeti della lingua francese antica, autori e recitatori di una svariatissima serie di componimenti; essi si accompagnavano con strumenti dell'epoca come la Viella e il Liuto in un secondo tempo. 

Questi poeti cantori caratterizzarono diversi generi letterari : dalla 
Chanson de Geste  in Francia, al Romancero  in Spagna con i Cantares de Gesta, alle saghe nordiche racchiuse nel Kalevala in Finlandia, alle Byline in Russia,
ai Troumbadour i Jongler  che cantavano e raccontavano, elevando a mito storie tratte dal quotidiano.
Sempre in Europa, in Germania e nei paesi nordicit, roviamo i Bankelsängen (l'equivalente dei nostri cantastorie), ripresi poi da Bertolt Brecht  nel suo Teatro Dialettico, di cui il grande drammaturgo faceva parte.

In Africa troviamo i Griot, che come i loro colleghi europei portavano le storie di villaggio in villaggio accompagnandosi con dei tamburi e inserendo talvolta nella loro rappresentazioni la danza

Figure simili le troviamo anche in altre culture nelle quali è ancora forte la componente orale della letteratura. Le novelle delle Mille e una Notte  nei paesi arabi, portate in giro dai cantastorie da bazar in bazar, le storie di Ramayana e del Mahabharata in India, narrate cantate e danzate da artisti talvolta "specializzati" in un solo mito o in un solo episodio (in alcuni casi, i cantastorie indiani cantavano le storie di Rama mentre le disegnavano, considerando tale attività una forma di devozione).  

In Italia è intorno al XIV secolo che la figura del Cantastorie, insieme a quella dei Cuntastorie (chiamati Storystellers nei paesi anglosassoni), assume caratteristiche proprie, diversificandosi dalla "letteratura dotta"; infatti, grazie all’influenza della letteratura epica francese, presto ramificatasi in tutta la penisola (particolarmente al Sud), le gesta dei leggendari eroi del ciclo de la chanson de geste diventano fonte di ispirazione, e i nomi di Carlo Magno, Orlando, Angelica, Rinaldo etc.., entrano a far parte del mondo popolare.

Tra i più moderni e famosi e d’obbligo citare
i trovatori provenzali, i giullari di scuola siciliana come Cielo D’Alcamo e Jacopo da Lentini (da molti ritenuto l'inventore del "sonetto", Dante Alighieri gli attribuì il titolo di Caposcuola della lirica siciliana, poiché nei sui componimenti erano presenti tutti gli stili letterari fini ad allora usati: il sonetto, la canzone e la canzonetta), per arrivare all’epica colta di Andrea Barberino, Ludovico Ariosto e TorquatoTasso, a quella popolaresca dei romanzi d’appendice dei Rinaldi Napoletani, ai Cuntastorie Palermitani dei quali Mimmo Cuticchio è oggi l’ultimo rappresentante.

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Cantastorie Orbi e Cuntastorie

Palermo è stata la culla di un’ altra figura tradizionale oggi completamente scomparsa il Cantastorie Orbu, nata intorno alla metà del 1500, anno in cui la Chiesa e precisamente i Gesuiti si interessarono a loro notando che la loro comunicativa molto vicina alla gente poteva servire come mezzo per diffondere storie sacre e liturgie e avvicinare così il popolo a Dio.

Da questo momento in poi, i Cantastorie Orbi e i Cuntastorie forti della protezione della Chiesa iniziarono a proliferare portando tra il popolo nuvene, trionfi e cunti, operando in nome di una verità religiosa nella quale i Santi e le Sacre scritture erano raccontati.

Uno dei più autorevoli palermitani oggi scomparso (fortunatamente si è potuto fare una ultima registrazione dal vivo) è stato Giordano Fortunato (nella foto)  uno dei  migliori  interpreti  di  “U triunfu di Santa Rosalia” del quale esiste anche una  versione su C.D.

Queste storie raccontate dai Cantastorie Orbi e Cuntastorie costituisce un sapere mitico dove a trionfare erano sempre il bene, i valori cavallereschi dei paladini, della giustizia, della croce e della spada.
Ed è forse proprio questo rigido legame ai temi, ai simboli e agli  stili  del  passato (ci fa sapere  Mauro Geraci, docente di Etnologia alla Sapienza di Roma)
che  non

ha permesso a Orbi e Cuntastorie di esplorare nuovi spazi poetici, musicali e comunicativi, come quelli che invece i cantastorie mostrano di sperimentare quotidianamente ancora oggi.

I cuntastorie non utilizzavano alcuno strumento musicale ma modulavano la voce con una tecnica tutta particolare, che veniva tramandata di generazione in generazione, un racconto orale con regole precise di tempo, ritmo ed esposizione.

Questi “menestrelli cuntisti” giravano le città in lungo e in largo spostandosi come potevano e usando qualsiasi mezzo di locomozione;  non importava se erano analfabeti o ignoranti, la loro capacità era quella di apprendere e comunicare al popolo.

Ci fa sapere Consolo (apprezzato scrittore siciliano), che il cunto si è salvato per il suo ruolo sociale di memoria, per l’antica funzione epica della parola, è la capacità di rendere con la voce e teatralizzare una della componenti della parola, contraddistinguendosi da tutto il resto.

Nel racconto epico, più che in qualsiasi altro testo, questa attitudine riesce ad esprimersi al meglio.
Infatti, narrare del ciclo troiano, del ciclo greco, di Carlo Magno e i suoi paladini, significa trattare delle eterne lotte tra il bene ed il male, tra la vita e la morte; tanto è vero che poi il teatro dei pupi siciliani nella seconda metà dell’Ottocento, volendo mantenere la valenza epica si è specializzato in questa direzione, ereditando tutto il patrimonio dei cuntastorie e non dei cantastorie, infatti sia il cuntastorie che il teatro dei pupi trattavano in effetti lo stesso repertorio classico, anche se naturalmente, quest’ultimo è subentrato in un secondo tempo.

Qualche volta il cuntastorie era una sorta di puparo mancato, a cui solo le limitate possibilità finanziarie impedivano di allestire il teatro dei pupi. Si trattava quasi sempre di povera gente, che viveva alla giornata, e che non poteva permettersi assolutamente di acquistare tutti gli attrezzi del mestiere per diventare puparo, così si affidava all’arte della parola, imparava tutte le regole della narrazione e negli anni diventava cuntista.

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Puparo, Cuntastorie e Cantastorie

A questo punto occorre chiarire e fare un distinguo tra: Puparo, Cuntastorie e Cantastorie.

Mentre i primi due trattavano lo stesso repertorio epico e cavalleresco, il Cantastorie si basava su fatti di cronaca e di attualità, adoperando la maestria dei cuntastorie e una mimica particolare usata soprattutto nelle parti tragiche, gridando, lamentandosi e delle volte anche piangendo. La sua prosa e un canto in versi accompagnato dal suono di uno strumento musicale per lo più una chitarra o una fisarmonica.

Esso in qualche modo aveva la funzione di far conoscere storie e fatti come uno speaker televisivo ma con una valenza teatrale e spettacolare, anche se (come accennato precedentemente), le storie talvolta venivano travisate e manipolate per adattarle allo scopo.

La forza dei cantastorie si basava soprattutto nel fascino del dramma nella narrazione di una storia, ed è solo in questo modo (afferma Bungaretta, studioso di tradizioni popolari) che il cantastorie potrebbe sopravvivere ai giorni nostri, raccontare un episodio, un fatto che sia carico di simbologia, perché prende valenza diversa da altri eventi, e diventa suscettibile di drammatizzazione e quindi di interesse per il pubblico.

E’ questo il caso ad esempio dell’uccisione di Falcone e Borsellino, due personaggi simbolici, carichi di eroicizzazione da parte del pubblico, due paladini che combattevano quel mostro che è la mafia; Ecco, in questo caso è possibile per il cantastorie raccontare ancora ed affascinare il pubblico, nonostante ne siano ormai note le immagini fin nei minimi particolari. 
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Cantastorie Siciliani

I cantastorie siciliani in egual modo come i loro colleghi, giravano la Sicilia in lungo e in largo, li si notava soprattutto nelle grandi festività, nelle fiere, nei momenti di raccolta del grano o in altre occasioni come queste, quando la gente era più disponibile e poteva contribuire economicamente alla loro sussistenzaIntorno alla fine dell'ottocento non vi era angolo della Sicilia che questi non avesse raggiunto.

Esiste una particolarità siciliana nel quadro nazionale, si tratta di una specifica tradizione etno-musicale per la presenza di alcuni grossi caposcuola, che si sono posti come modelli di riferimento, creando delle forme emulative, in un certo senso quello del cantastorie siciliano è un istituto culturale, una maniera di cantare più meridionale che appartiene alla tradizione melodica, che spesse volte prende anche a prestito altre forme culturali, creando dei ricambi che sono fondamentali nella tradizione orale.


I potenti, l’amore, storie di omicidi passionali, avventure di eroi, erano i loro temi favoriti, e loro, specchio fedele di umori e gusti del pubblico, ben sapevano interpretare quell’immaginario difficile da acquisire altrimenti, dato che ancora pochi sapevano leggere e scrivere;
  anch’essi vivevano delle offerte degli spettatori  o dalla vendita di foglietti con la storia raccontata. Si racconta che uno di questi cantastorie Cicciu Busacca, fermava la recita sul più bello, fin quando non erano stati venduti tutti e la gente li acquistava e li faceva acquistare agli amici, pur di conoscere il finale di quella storia.

I cantastorie siciliani tramandano la vecchia cultura Siciliana che vede nel bandito l’eroe popolare, nel delitto d’onore un gesto eroico, nel traditore ed infame l’essere reietto da odiare, una vecchia cultura popolare fortunatamente scomparsa con il cambiamento e la crescita culturale della società, ma che in egual modo ha portato via quell’aspetto "poetico-passionale" proprio della Sicilianità. 
Alcune di queste storie erano delle vere e proprie telenovelas diremmo oggi, poiché i cantastorie con la loro maestria spezzettando, aggiungendo nuove parti o manipolando addirittura fatti della storia per allungarla, creavano delle vere e proprie puntate, dando appuntamento ad altri giorni alla gente che li ascoltava, che puntualmente al loro ritorno era li presente che li aspettava.

In un secondo tempo con l’avvento della discografia, i foglietti vennero sostituiti da dischi e musicassette (alla fine degli anni 60) e spesso e volentieri i cantastorie non cantavano più con la loro voce in diretta ma si esibivano in playback adoperando la mimica e la gestazione nella rappresentazione che forse è stata la causa del disinnamoramento e della delusione della gente, poiché veniva a mancare, la forza, la “verve” la comunicazione, la componente teatrale.

I primi dischi che si incisero furono i 78 giri, poi si passò ai 45, seguirono le musicassette e oggi i C.D., che alcuni cantastorie come il Barcellonese Fortunato Sidoti ha inciso di recente.

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I più famosi Cantastorie Siciliani

I cantastorie più famosi Siciliani in ordine cronologico furono: Gaetano Grasso di Paternò (CT), Paolo Garofalo, di S.Cataldo (CL) e Orazio Strano di Riposto (CT) pionieri e caposcuola dei cantastorie.
La prima storia che scrisse e che rappresentò Paolo Garofalo fu “U surdatu e la fantasma” scritta da Pietro Parisi in collaborazione con Gaetano Grasso con il quale aveva iniziato a girare le piazze, ma mettendosi non molto tempo dopo in proprio.
Abbiamo delle notizie vaghe che ci informano che Garofalo rappresentava questa sua storia senza il cartellone.

Orazio Strano (19/09/1904 - 16/12/1981) di Riposto (CT), caposcuola e autorità indiscussa, uno dei più grandi cantastorie siciliani, era paralitico ma questa sua condizione non gli impediva di spostarsi di città in città; si esibiva seduto sul carrozzino accompagnandosi con la sua inseparabile chitarra e alle volte con un mandolino. La sua carriera inizia nel secondo dopoguerra, narrando e cantando vicende e fatti realmente avvenuti di gente umile costretta a sopportare gli avvenimenti ed il fato avverso, compose la prima versione di “la storia di Salvatore Giuliano”. 
Ha scritto anche molte canzoni e filastrocche ed ha collaborato con Rosità Caliò, una delle poche cantastorie siciliane al femminile.  

Seguirono: Enrico Belladonna di Catania, Luciano Palmeri di Paternò (CT) e dopo circa 4 anni si affermarono: Ciccio Busacca, di Paternò (CT), Paparo Francesco detto Rinzinu, di Paternò (CT), e Vito Santangelo di Paternò (CT) che iniziò la sua attività facendo da spalla a Garofalo, come ci fa sapere lui stesso in una sua raccolta autobiografica di prossima uscita “La mia vita di cantastorie”, che sarà edita dalla nostra Associazione.
La prima storia che scrisse Vito Santangelo fu “la madre assassina” del 1958 e il cartellone  fu  disegnato e  realizzato da Salvatore Silipoti cognato di Vito che si dilettava a dipingere; queste
furono le prime storie in assoluto ad essere registrate su disco e vendute.

Ancor ora sulla breccia e sempre disponibile Vito Santangelo è ormai diventato un mito, collabora con noi da più di tre anni; (l’8 Luglio 1999 dopo essere stati contattati dalla Televisione Nazionale Giapponese N.H.K. che stava girando un documentario sulle tradizioni popolari nel mondo, e che avevano notato la nostra Associazione su Internet, abbiamo realizzato a Paternò  un filmato che vedeva il cantastorie Vito Santangelo esibirsi nella piazza del paese). 

In un secondo tempo o di II° generazione sono: Franco Trincale di Militello Val di Catania che ancora si esibisce a Milano; Peppino Castro di Dattilo (TP), che a Torino dove lavorava ha fondato una associazione per la conservazione delle tradizioni popolari siciliane per gli emigrati in Piemonte, oggi ritornato nel suo paese si esibisce ancora con il suo repertorio classico; Saru Cavagna di Niscemi (CL) che gira ancora i paesi siciliani in occasione di Fiere o feste Patronali, con i suoi cartelloni e con l’aiuto del fratello. 

Nonò Salamone di Sutera (CL), uno dei cantastorie e cantori più rappresentativi, che ha divulgato e fatto conoscere a Torino dove lavora, come in tutto il resto d'Italia ed all'estero, la figura del cantastorie, i canti, le tradizioni, i drammi, le passioni e le bellezze della nostra terra. Ha collaborato con i più grandi, come Cicciu Busacca, Rosa Balistreri (con la quale ha fatto diverse tournèe) e Ignazio Buttitta per il quale ha scritto le musiche di diverse sue composizioni, in particolare due, a lui molto care “U lamentu pi la morti di Salvatore Carnevale”e “Lu Trenu di lu Suli cantate poi da tutti i cantastorie.

Fortunato Sindoni di Barcellona (ME), inizia la sua “carriera” di cantastorie  negli anni 70 quando emigrante in Germania scopre i testi, le musiche e la vita di Woody Guthrie, folk singer Americano, che con la musica e le sue ballate, cantate per lo più nelle fabbriche e nelle campagne, fece emergere la condizione politico sociale degli operai di quell’epoca, creando una vera e propria presa di coscienza di classe e rivendicando i diritti dei lavoratori. Laureato in Lingue e Letteratura Straniera comincia a frequentare il meglio della cultura popolare siciliana conoscendo i più grandi Cantastorie siciliani e non. Collabora con Ignazio Buttitta e Turiddu Bella musicando e cantando le loro poesie e le loro storie, percorrendo con loro l’Italia e compiendo anche tournée all’estero. Ha scritto una lunga e toccante storia  sulla vita di Rosa Balistreri, (il cartellone fu realizzato dal Pittore Paolo De Pasquale).
Ad esso, si deve anche una innovazione, il fatto di aver usato al posto del tradizionale cartellone per la narrazione delle storie, un proiettore di diapositive, con il risultato che i quadri si possono vedere da lontano, e le pitture risultano molto realistiche e avvolgenti. 

Antonio Tarantino di Palermo operante nel campo della musica popolare siciliana,  finalizzata alla ricerca ed alla riproposta di canti trascritti tra la fine del '700 e i primi del '900, curando una “Raccolta di Canti Popolari Siciliani”; esibendosi proprio come facevano i cantastorie di un tempo.

La prima Casa Discografica a registrare e stampare i  primi dischi dei cantastorie siciliani, fu la Universal di Napoli di proprietà di Esposito nel 1962/63, U surdatu e la fantasma” di Paolo Garofalo e “la madre assassina” di Vito Santangelo. 
Una delle storie che ebbe più successo e che fece molto discutere fu "La Storia di Salvatore Giuliano", della quale esistono diverse versioni.

                                                                                                                                            
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Rosa Balistreri e Rosita Caliò
Due le donne nel panorama artistico siciliano, Rosa Balistreri e Rosina Caliò.

Rosa Balistreri  di Licata (AG),  cantautrice,   cantastorie  e  tanto altro, un  mito  per  la gente di  Sicilia, di cui era  espressione viva, con quella  sua   voce  possente,  rauca,  triste  e  dolce  che  raccontava e  denunziava  in maniera molto vigorosa, la fame, l’ingiustizia, la libertà,  la rabbia,  l’amore  e  quelle  dolcissime e bellissime nenie che solo Lei sapeva interpretare così magistralmente.

Cresciuta  artisticamente  al  nord  e  precisamente  a  Firenze  dove si era recata per  lavoro,  e, dove  incontrò  molti dei grandi personaggi del panorama artistico  e culturale  italiano,  come  Dario Fò,  Renato Guttuso,

Leonardo Sciascia etc;  ma, ciò  che la incoronò quella unica e grande artista che era, fu l'incontro, che poi sfociò in una grande amicizia, con Ignazio Buttitta  che dopo averla sentita cantare la spinse a imparare a suonare la chitarra, scrivendo per lei alcune delle sue più belle poesie.


Ascolta due dei suoi brani


  Olì olì olà


   Li pirati a Palermu


(Un gruppo musicale siciliano gli ” Zabharà” che collabora da alcuni anni con la nostra Associazione e che ha contribuito alla stesura della rassegna “Cunti Pupi e Canti” riesce, attraverso la voce struggente di Erminia Terranova e quella rugginosa e vibrante di Tano Avanzato a restituire la freschezza di canti come “Ii pirati di Palermo”, “Lu verbu”, “Sant’Agata” etc, e nel loro recital, fra un canto e l’altro il pensiero và inevitabilmente, a quell’impareggiabile e ultima cantatrice di Sicilia: Rosa).


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Rosita Caliò di Catania conosciuta e apprezzata cantastorie cresciuta alla scuola del grande Orazio Strano con il quale collabora e incide per lui numerosi dischi (una nota di cronaca ci fa sapere che Strano la pagava con dei quadri che poi lei rivendeva). Oggi si esibisce in un repertorio tutto suo, influenzato moltissimo da Strano, raccontando storie di cronaca.


                                                                                                      
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Turiddu Bella e Ignazio Buttitta


La prima  versione  "La  storia  del  bandito  Giuliano" fu  scritta dal poeta dialettale Turiddu Bella (nella foto), e il  primo cantastorie a portarla in giro fu Orazio Strano, che decise di cantarla a Montelepre quando ancora Salvatore Giuliano era ancora in vita.  

Una nota di cronaca ci informa che lo stesso Strano mandò il cantastorie Giacomo Saso di Trabia (PA) a parlare al padre di Giuliano affinché gli concedesse il permesso di cantarla,la cosa lo  entusiasmò molto tanto che gli permise di cantarla nella strada sottostante la sua abitazione.

 


Dopo qualche anno arriva la versione di  Ignazio Buttitta (nella foto) “La vera storia di Turiddu Giulianu" pubblicata da Sellerio, cantata e incisa su vinile da Vito Santangelo, (che in un primo momento, divulgò una sua versione, rimaneggiando e personalizzando quella di Bella), si impose per la lirica e la poesia inimitabile del grande poeta siciliano; fu la volta poi di un'altra versione scritta e cantata da Cicciu Rinzinu.

“La vera storia di Turiddu Giuliano” di Buttitta è stata incisa da Vito Santangelo per la casa discografica SAAR di Milano nel 1966-67 (cinque dischi con due episodi ciascuno), ed è stata ristampata in un secondo momento dalla casa discografica Jolly. 

E'  importante  sottolineare la  divergenza  letteraria e storica  tra  i due poeti vernacolari,

Ignazio Buttitta e Turiddu Bella che contribuirono ad elevare e ad accrescere culturalmente la figura del cantastorie.

Essi proponevano due diversi modelli di poesia popolare.

B
ella gode di una facilità di inventiva che ne fa un geniale poeta estemporaneo e spesso i personaggi delle sue storie diventano dei Robin Hood, dei salvatori, dei giustizieri buoni (come nel caso di Giuliano).

Buttitta nelle sue opere, più severe e ragionate, miste a una lirica armoniosa altamente poetica compie una denuncia impegnata e civile mettendo a fuoco le problematiche che affliggono il popolo siciliano, la sua poesia vuole compiere un cammino di sensibilizzazione delle coscienze popolari.

Questa loro contrapposizione divise i cantastorie in due schieramenti che divennero ben presto due scuole.

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Congressi e Raduni dei Cantastorie

Il Primo Congresso Nazionale dei Cantastorie si svolge a Bologna nel 1954 nel cortile interno della Trattoria Profeti.
N
el 1957 a Gonzaga (una cittadina in provincia di Mantova), venne realizzato il primo concorso nazionale dei cantastorie il “Premio Trovatore d’Italiache consisteva nella consegna di una torre d’oro al primo classificato, che poi (dopo due anni) cambiò con la classica coppa le medaglie e i diplomi

Questo primo concorso fù vinto da Ciccio Busacca, con ” la storia di Salvatore Giulianu”, mentre l’anno successivo l'ambito premio fù vinto da Vito Santangelo con "la Matri assassina" (scritta da lui stesso), che si riconfermò vincitore anche nel 1964 con la “la Disfida di Roma” dove recitò insieme a Ignazio Buttitta (In questa occasione fu realizzato un documentario da Ugo Gregoretti che fu divulgato attraverso la televisione dell’epoca), altre due edizioni furono vinte da Franco Trincale e da Ciccio Busacca.

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Alcuni Cartelloni storici dei Cantastorie Siciliani

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I Pittori dei Cartelloni
I  più importanti pittori che hanno realizzato molti dei cartelloni dei cantastorie, che si differiscono tra loro per le dimensioni e la tecnica pittorica, sono stati: Vincenzo Astuto e Francesco Esposito di Messina, e Vincenzo Signorelli di Catania.
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(Alcuni di questi cartelloni vengono esposti nella mostra che noi presentiamo)

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